il mille infranti.

Il millinfrante
I mille infranti sono un tipo di pasta fresca tipico pugliese ( si chiama anche "ù tridd" ) che si cuoce direttamente nel brodo di carne.

A far pillole!
Era il mio lavoro di bambino la mattina della vigilia dopo il rientro dalla “chiazz”, quella semplice e magica , notturna e affascinante tradizione natalizia. Pensate che a quei tempi a noi ragazzini veniva consentito di uscire in piena notte per visitare le due piazze di Corato, tra montagne di arance e di finocchi davanti al negozio di frutta e verdura di Vlas, maiali sospesi lungo la stradina che portava da Piazza Sedile a Via Duomo e acconciati con luci in pancia e limoni in bocca, mazzi di agnelli appesi appena fuori della piccola macelleria di Gnazio u v’ccier all’angolo con Via dell’Abbazia e specializzato in agnellini, capretti, agnelloni e castrati, qualche pecora per gli amanti del genere e dei sapori forti, La salumeria di Richetto il rosso ridondava di anguille cotte alla brace e conservate in grandi barattoli di latta, framb’llicchi in aceto, acciughe salate sfuse e formaggi “punti” che camminavano da soli. Attesversata Via Duomo, si imboccava la strada che portava alla piazza grande. La beccheria “ du C’catiedd’ esponeva quarti di vaccina, ardite composizioni di cervellate, polli ruspanti magri ma genuini, trionfi di coratelle ditro una parete di cristallo.
Sulle porte scrostate di anguste botteghe fiorivano bouquet di origano selvatico, serte di agli e cipolle, rutilanti tentazioni di p’mdur appis’. Indimenticabili colori, luci, voci, richiami e gracchianti musiche di una notte sempre speciale nonostante i piedi gelati nelle scarpe bagnate sulle chianche scivolose per l’umidità delle ultime ore di buio, subito prima dell’alba. Con il pimo chiarore del cielo si tornava a casa e si incontrava regolarmente il nonno Luigi seguito da un garzone con due cassette di derrate alimentari sulle spalle. Le buste di plastica allora non esistevano, le normali borse della spesa erano troppo piccole per la Vigilia e gli uomini in ogni caso si rifiutavano di girare con in mano una borsa carica di vettovaglie.
Le bizzoche entravano e uscivano dal portale della chiesa di San Giuseppe, in cui Don Peppino “coscia coscia” - zoppicava a causa di un’artrosi dell’anca - distribuiva assoluzioni e penitenze alle peccatrici appena pentite per le feste.
Appena salite le ampie scale della casa di Largo Plebiscito, si coglieva il profumo del pane e delle bucce di arance e di mandarini che la nonna Marietta faceva bruciare nel braciere del tinello. Zia Bianca già si affacciava sulla porta di casa sua a darmi un bacio e una carezza insieme a una losanga della sua irripetibile cotognata.
Sul tavolo della cucina, insieme alla zuppa di latte con accanto i taralli al finocchio bolliti e infornati, ammiccava maliziosamente dall’angolo di una mappina la palla gialla e verde di pasta da trasformare in pillole di millinfrante.
Anche quello era Natale.

Luigi Leo

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